“Mr. Morale & The Big Steppers” è il quinto album in studio di Kendrick Lamar, con il quale si è aggiudicato nel 2023 il Grammy per il miglior album rap.
Il lavoro riprende, con una maturità nuova, le tematiche care all’artista di Compton che hanno sempre caratterizzato la sua poetica e che, all’unanimità critica, hanno raggiunto la loro massima espressione nell’album capolavoro “To Pimp A Butterfly”. “Mr. Morale & The Big Steppers” è improntato verso una forte analisi introspettiva e al tempo stesso regala una disincantata ricostruzione della contemporaneità, di una società spezzata da violenza e ipocrisia.
All’interno dell’album Kendrick si interroga sul significato effimero della ricchezza e si scaglia contro il mito del materialismo e del lusso, visto come una distrazione da ciò che veramente è importante e come un meccanismo di coping che lui e i suoi colleghi adottano per non scendere a patti con i propri traumi.
Nell’album, particolarmente intimo, Kendrick svela segreti della sua vita familiare e personale, affrontando tematiche diverse come la sua dipendenza dal sesso che spesso lo ha allontanato dalla sua compagna Whitney, madre dei suoi due figli Uzi e Enock, la violenza diretta e indiretta a cui ha assistito e che lo ha condizionato per tutta la sua giovinezza, la sua insofferenza verso la ricchezza che non ha guarito le sue ferite interiori e la sua fede in Dio.
Un brano tra tutti spicca per la sua analisi intimista e per il testo, strutturato in modo da creare un climax che rimanda quasi allo stile della Slam poetry, in cui KDot si avvale della collaborazione di Beth Gibbons, la cui voce accompagna il ritornello del brano con la delicatezza che richiederebbe una preghiera.
MOTHER I SOBER
Il brano è “Mother I Sober”, ottava traccia del secondo disco “Mr. Morale”. La metamorfosi dell’io lirico non è una novità nei testi di Kendrick, spesso sottolineata da un voice switch, una delle skills più caratteristiche e più usate dall’artista di Compton, ma in “Mother I Sober” la narrazione si amplia e diventa qualcosa di più grande, al tempo stesso personale e universale. Vale lo stesso per il concetto di morte, spesso presente nei testi di KDot sia come presenza reale che incombe sulla vita di periferia, sia come elemento simbolico e che qui acquista un nuovo significato: la rinascita.
Il beat è costituito da una melodia di piano in Sol minore, il setting generale è un minor mode che conferisce un tono malinconico all’intero componimento. Nella prima strofa Kendrick inizia a raccontare la sua storia, dall’ipersensibilità che lo ha caratterizzato sin da piccolo, passando per la sofferenza che lo ha investito alla morte di sua nonna materna e a come ha rinnegato quel dolore provando a seppellirlo sotto beni materiali, concludendo con una riflessione finale su come l’unico modo di vivere il lutto e la sofferenza sia farlo da sobri.
“My mother’s mother followed me years in her afterlife
Staring at me in the back of some busesI wake up at night
Loved her dearly, traded in my tears for a Range Rover
Transformation, you ain’t felt grief til you felt it sober”
IL TRAUMA SI ESPANDE
A mano a mano che il brano prosegue il tono si fa sempre più drammatico e gli argomenti affrontati diventano sempre più impegnativi, nella seconda strofa inizia ad emergere l’argomento fulcro dell’intero pezzo: il trauma generazionale nelle famiglie afroamericane dovuto a secoli di soprusi fisici e morali. Kendrick parla apertamente del rap come unica valvola di sfogo e racconta di come la sua fama non gli permetta comunque di guarire il dolore provato da sua madre, vittima di stupro anni prima. La ferita della madre è tale da generare in lei l’ansia che anche Kendrick abbia subito la stessa sorte per mano di un cugino, sebbene Kendrick continui a negare. Il trauma si espande, affonda le radici nel dolore e riverbera nell’intera famiglia, eppure non se ne parla: la povertà, la violenza sistematica, l’esclusione sociale, portano al silenzio e all’impossibilità di guarire le proprie ferite.
“Family ties, they accused my cousin
Did he touch you Kendrick?
Never lied, but no one believed when I said ‘he didn’t”
La ferita è talmente profonda da portare il giovane Kendrick a dubitare dei suoi stessi ricordi, la violenza che ha condannato la sua famiglia e innumerevoli altre famiglie afroamericane distorce la percezione della realtà delle vittime. Con la complicità del silenzio, il dolore porta con sé numerose conseguenze: disturbo da stress post traumatico, difficoltà ad identificarsi nel proprio passato, incomunicabilità con i propri cari e i propri simili. La paranoia della madre di Kendrick è lo specchio della sofferenza di un intero popolo che ha dovuto tacere sui soprusi subiti perché troppo impegnato a sopravvivere alle difficoltà del quotidiano in una società che lo ha ripudiato per secoli. È la rappresentazione di un intero paese che per decenni ha disprezzato e fatto morti tra i suoi stessi figli, che ha tolto loro il diritto ad una vita dignitosa e anche la possibilità di parlare del proprio disagio. Ed è proprio il linguaggio, la parola, l’unica ancora di salvezza di cui dispone il giovane Kendrick per dare un nome ad un orrore generazionale che si tramanda di madre in figlio e che per troppo tempo è stato taciuto.
“Hard to trust myself
I started rhyming Coping mechanisms to lift up myself”
Le conseguenze del trauma vissuto portano Kendrick a rifugiarsi nel sesso, nella terza strofa il rapper racconta dei continui tradimenti e del dolore la sua condotta ha inferto a sua moglie nel corso del tempo, evidenziando come il trauma generazionale sia una maledizione apparentemente impossibile da spezzare. La paura di Kendrick è proprio quella di lasciare in eredità ai suoi due figli unicamente la sua sofferenza, come sua madre fece con lui e come sua nonna fece con sua madre, in un perpetuo circolo vizioso e autoalimentato di dolore e mutismo.
“All those women gave me superpowers, what I thought I lacked
I pray our children don’t inherit me and feelings I attract
A conversation not being addressed in black families
The devastation hunting generations and humanity
SIGNIFICATO DI "MOTHER I SOBER"
La realizzazione più importante di Kendrick all’interno del brano è che l’unico modo per spezzare questa maledizione che si trasmette di generazione in generazione è parlarne apertamente, liberare sé stesso dal tormento che gli è stato inferto e dal dolore che conseguentemente lui ha causato ad altri, in particolare ai propri cari. Il destinatario di questa dedica accorata è sicuramente la sua compagna Whitney che, consapevole dei suoi ripetuti tradimenti, decide comunque di restargli accanto e di mostrargli, nell’amore, una via di fuga dall’odio che consuma. Kendrick esorcizza il suo martirio alla fine del brano, auspicando a lasciare andare ogni patimento in un ultimo gesto liberatorio e catartico (“I bare my soul and now we’re free”) , e per sancire questa nuova rinascita dà voce direttamente a Whitney e alla loro figlia Uzi:
“You did it, I’m proud of you You broke a generational curse Say ‘thank you dad’
Thank you daddy, thank you mommy, thank you brother”.
Mother I Sober non è soltanto la pagina più intima di un album-diario, è un capolavoro lirico che ci ricorda ancora una volta come la voce di Kendrick Lamar non sia la voce di un singolo uomo ma quella di un intero popolo che rivendica la propria dignità, troppo a lungo negatagli.